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La Seconda Possibilità |
Part 4
Oscar guardava in alto verso gli alberi ormai quasi spogli. Il vento staccava le foglie morte dai rami, portandole lontano. La vita del soldato è simile pensò. Siamo come le foglie sugli alberi in autunno.[5] Non aveva mai realizzato così acutamente la precarietà della vita. Eppure come soldato avrebbe dovuto farlo già da tanto tempo. Aveva avuto una seconda possibilità. Non doveva sprecarla.
Non poteva continuare ad ostinarsi a negare i suoi sentimenti. La morte era sempre in agguato. E se André fosse morto nel fiume, quella sera? No, non poteva voltare le spalle al dono che le era stato fatto.
Doveva dirglielo. Ma come? Non trovava il coraggio. Già era molto difficile trovare un momento buono, per stare da soli, e poi con che parole, che dire? La lingua si paralizzava, incollata al palato di una bocca troppo asciutta. Non ci riusciva. Non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di peccato che la bloccava e l'annichiliva. Conosceva il desiderio, ora, e scoprirlo l'aveva annientata: non sapeva più chi fosse e che cosa stesse facendo, aspettando. O forse invece lo sapeva, ma non voleva ammetterlo con se stessa. Era una donna che amava e voleva un uomo, quell'uomo, André.
Forse... una buona dose di alcool nelle vene l'avrebbe sciolta quel tanto che bastava per lasciar uscire i prigionieri del suo cuore e della sua mente: amore e desiderio.
La taverna era quella dove di solito andavano i suoi soldati dopo il turno, quando erano in libera uscita. Sapeva che anche André ci andava, per sbronzarsi in compagnia di Alain e degli altri. Un posto poco raccomandabile come tutte le taverne, decisamente non un posto da donne, o perlomeno, da donne perbene. Guardava alcune “cameriere” sciamare fra i tavoli, destreggiandosi fra pizzicotti e pacche sul sedere.
Tornò a concentrarsi sul suo boccale di birra. Non era in divisa, ma in abiti civili decisamente dimessi: non era il caso di rischiare un'altra rissa da taverna, tanto più che stavolta era sola. Ancora non si vedevano i suoi soldati. Forse avrebbe dovuto alzarsi, pagare e andare via. No, aveva deciso di sbronzarsi, e almeno questo, accidenti, l'avrebbe fatto.
Ma era la prima volta che lo faceva da sola, in un posto come questo. Qualche volta lo aveva fatto in casa propria, al sicuro, ed era certamente una cosa diversa: qualcuno l'aveva sempre aiutata poi a riguadagnare la sua camera da letto. Adesso si ricordava che quel qualcuno era, invariabilmente, André. Come avrebbe fatto a tornare in caserma, dopo, se lui non si fosse fatto vedere, non lo sapeva. Ma basta, almeno una volta nella vita bisogna vivere pericolosamente. Altro liquido biondo giù per la gola. Altro boccale.
Ormai era quasi del tutto ubriaca, quando l'atmosfera del locale venne investita da un allegro schiamazzare: un gruppo di soldati era appena entrato dalla porta, e a giudicare dall'accoglienza erano clienti abituali. Tra i fumi dell'alcool Oscar riuscì a distinguerli, erano i suoi soldati, e in mezzo a loro c'era anche lui: e si sentì sollevata, dopo tutto. Sedeva in un angolo appartato, e ancora non l'avevano vista. Meglio, si disse, e vuotò il boccale. Ne attaccò un altro, guardando verso André, e chiamandolo nella mente. Voltati, André, sono qui. E André, richiamato da quella muta preghiera, si voltò.
Un brivido gli aveva percorso la schiena, e si era voltato, rispondendo ad un richiamo irresistibile. Lei era là, in quell'angolo, seduta davanti a diversi boccali di birra vuoti. Era ammutolito e paralizzato, gli occhi di lei luccicavano nella luce incerta delle candele.
Alain si accorse di qualcosa e gli chiese: “Beh, che fai, hai visto il diavolo?”
Andrè senza muovere un muscolo rispose: “C'è Oscar” e poi, ripreso il controllo del proprio corpo si mosse verso di lei.
Alain valutò la scena con il solito disincanto e pensò che questa non se la voleva perdere.
“Oscar, ma cosa stai facendo qui?” Andrè aveva un tono di voce preoccupato.
Oscar realizzò che si era seduto davanti a lei, e la sua vista sempre più annebbiata dall'alcool le permetteva solo una visione sfocata del suo viso.
Sono proprio ubriaca fradicia pensò, ingollando un altro sorso.
Lui con uno scatto le bloccò la mano. “Basta ora, ma che ti prende?”
Il contatto con la sua mano la fece trasalire: una corrente di energia si trasmise dal punto in cui la toccava scuotendo tutto il suo corpo con un brivido. Poi si sentì svuotare, lasciandosi cadere sul tavolo.
“Oscar!” ma già lei non sentiva.
“E' proprio andata” commentò Alain con un ghigno compiaciuto “E ora che intendi farne?”
Andrè lo guardò storto: “Che vuoi che ne faccia, la riporto in caserma.” E così dicendo prese il suo braccio passandolo sulla propria spalla, mentre le cingeva la vita per sollevarla. “Forza, dai, tirati su!”
In quel momento la sentì mormorare:”André... io... ti amo... voglio te...” Silenzio. André sentì il sangue fuggirgli dalle vene. Continuando a stringerle la vita, con l'altra mano le alzò il viso, ma lei era del tutto abbandonata e stordita dall'alcool, e non reagiva.
“Non so chi sia messo peggio fra voi due! Questa donna per riuscire a dirti che ti ama e che vuol fare l'amore con te ha bisogno di bersi una mezza botte di birra!”
André riprese a respirare. Gettò i soldi sul tavolo per pagare il conto, e disse ad Alain: “Aiutami a farla uscire senza che gli altri se ne accorgano.”
“Ma sei proprio senza speranza” gli fece Alain “potresti portartela di sopra, in una camera. Sono sicuro che non avrebbe niente da ridire, domattina.”
André, inaspettatamente, sorrise. “Mi piacerebbe che per fare certe cose fosse almeno sveglia !” E poi aggiunse: “Tu credi che io sia un debole, così preso da questo amore da perdere la mia dignità di uomo. Un buono un po' allocco, è questo che pensi di me, vero? No, io non lo sono affatto. Farò finta di nulla, e anche se questa sua confessione mi rende felice e mi ridà speranza, io la ignorerò. Dovrà venirmelo a dire da sobria, che mi ama.”
Stavolta Alain rimase a bocca aperta.
Uscirono dal locale, e cercarono una carrozza. Altre volte André aveva accompagnato Oscar in caserma, non sarebbe stato difficile entrare. Il problema era che non poteva lasciarla nella sua camera senza che potesse chiudersi dentro, e ubriaca com'era non poteva certo farlo.
“Ti toccherà comunque stare con lei fino all'alba, lo sai, no? Come farete? Dormirete sullo stesso letto con la spada in mezzo come Tristano e Isotta?” [6]
André lo guardò, sorpreso per la colta citazione. “Beh, che hai da guardare, non sono mica quel caprone ignorante che credi tu!” André si mise a ridacchiare divertito. “No, Alain, c'è un divanetto nell'ufficio, mi accomoderò lì.”
Adesso anche Alain ridacchiava: “E le farai la guardia, vero? Un santo, sei davvero un santo.” “Già, ma l'aureola comincia a pesarmi maledettamente.” E lanciò un tenero sguardo alla bionda abbandonata fra le sue braccia.
André si chiuse la porta dell'ufficio dietro le spalle. Sicuramente nella giacca di Oscar dovevano esserci le chiavi. La prese in braccio per portarla nella sua camera. Se ne accorse subito. Era leggera, troppo leggera. La depose sul letto. Le tolse gli stivali, poi sbottonò la giacca e gliela sfilò. Certo, la sua vista andava sempre peggio, ma gli altri sensi sopperivano egregiamente: le prese una mano, facendo scorrere le dita sul polso. Non si era sbagliato, era molto dimagrita. La vita di caserma non era certamente una villeggiatura, per lei. Per di più si ostinava a mangiare lo stesso rancio della truppa, per dare l'esempio ed essere più vicina ai suoi soldati: si stava rovinando la salute. Appena ne avesse avuto l'occasione, avrebbe raccomandato alla nonna di sorvergliarla perchè almeno a palazzo mangiasse a sufficienza, anzi, di irrobustire la sua dieta: un po' di cioccolata in più non le avrebbe certo fatto male.
Le accarezzò i capelli biondi, poi la ricoprì con la coperta. Faceva un po' freddo in quella stanza, no, decisamente era umida. Anche questo non le avrebbe fatto bene. Sospirò, sapendo che non sarebbe servito a nulla parlargliene, perché avrebbe, come al solito, continuato per la sua strada.
Frugò la giacca e prese la chiave, per andare a chiudere la porta. Poi si allungò sul divanetto, constatando che era decisamente scomodo, e si mise una mano sotto la nuca, sperando di poter dormire un po' prima dell'adunata. Doveva alzarsi in tempo per uscire senza essere visto. Si tirò il mantello addosso e ben presto scivolò nel sonno.
Una tenaglia le stringeva le tempie, e avvertiva delle forti pulsazioni dolorose: aveva un gran mal di testa. Fissava il soffitto, cercando di ricordarsi cosa era successo, e di capire dove si trovava ora. Sì, quella era la sua stanza in caserma. Ma come ci era arrivata? Pian piano le tornavano alla mente le ultime immagini che il suo cervello aveva percepito, la taverna, il volto di André seduto davanti a lei. Ah, ecco, ora sapeva come era arrivata fin lì.
A fatica si sedette sul letto. Ricompose brandelli di ricordi filtrati dall'alcool. Che mal di testa. Non era ancora l'alba. Provò ad alzarsi con cautela, appoggiandosi al letto. La stanza le girava intorno. Fece qualche passo e si appoggio allo stipite della porta. Poi entrò nel suo ufficio: sul divano poteva distinguere una sagoma, quella del corpo di André. Fece qualche passo verso di lui, ma le gambe cedettero, facendola cadere a terra. Il rumore e il lamento di Oscar fecero svegliare André, che subito si alzò per aiutarla.
“Oscar come stai?” disse, mentre l'aiutava a sedersi sul divanetto.
“Ho un gran mal di testa, André.”
“E ci credo, con tutto quello che hai bevuto. Ma sei forse impazzita?”
“MMMhhhh, no, avevo voglia di bere.”
André rimase sconcertato: “Va bene, Oscar, ma perché da sola? La prossima volta dimmelo, che ti tengo compagnia.”
Oscar rimase silenziosa per un po', mentre André aspettava una risposta che non veniva. Finalmente, dalle bocca di Oscar uscì la domanda che le stava bruciando sulle labbra. “Senti André... per caso... ho detto qualcosa di strano?”
André indossò una delle migliori facce da poker che aveva visto fare ad Alain, riuscendoci piuttosto bene, proprio lui che non aveva mai toccato le carte in vita sua, e rispose serafico: “No, Oscar, perché? Che cosa avresti potuto dire di strano?”
“Ah, niente, niente, naturalmente: dicevo così, per dire.”
André decise di incalzarla: “Strano, sarebbe la prima volta che dici qualcosa tanto per dire...” e mentre diceva così avvicinò il suo viso a quello di lei. Oscar trasalì, l'iride verde di André la stava scrutando dentro, indagatrice. Ristette in silenzio, seduta vicino a lui, distogliendo lo sguardo. André attendeva, paziente, che Oscar sciogliesse l'intricato nodo dei suoi sentimenti.
Finalmente le uscì la voce: “Ecco, André, mi domandavo... è tanto che non abbiamo avuto occasione di parlare noi due. Volevo sapere come stai.”
André capì che l'avrebbe presa alla lontana, se mai le fosse riuscito di arrivare prima o poi a quello che voleva realmente dirgli. “Sto bene, Oscar, sono guarito completamente. Ed è vero, è tanto tempo che non abbiamo occasione di parlare, sì, dalla sera che mi hai medicato la ferita. Poi non sei più venuta a trovarmi. Mi sono sentito un po' abbandonato.”
Oscar chinò il capo e in un sussurro: “Mi dispiace...”
“Perché non sei più venuta da me?”
Oscar gli rivolse uno sguardo tremante di lacrime, che André non le aveva mai visto. Era splendidamente femminile quella ritrosia che manifestava, e André ne era affascinato.
“Perché? Perché... non ci riuscivo, André. Avevo paura.”
“E di cosa avevi paura?”
Oscar ora guardava il pavimento. Di nuovo silenzio. André sapeva che l'ammettere di avere paura le era già costato tantissimo. Alzò una mano, e delicatamente le sollevò il mento, girando il suo bel viso verso di lui. “Perché non provi a dirmi ogni cosa dall'inizio? Un passo alla volta.”
Oscar annuì. “E' cominciato tutto quella sera a Saint Antoine.”
Oscar aveva terminato il suo racconto, e attendeva una reazione da Andrè. Ma lui era immobile, guardava lontano. Lei sussurrò: “André...” e lui le rivolse uno sguardo ardente, sempre restando immobile. Allora Oscar gli prese il viso tra le mani, dolcemente, e l'avvicinò al proprio, sfiorandogli le labbra con un bacio.
Si staccò da lui, sempre tenedogli il viso tra le mani, accarezzandolo con le dita: “André... dimmi qualcosa... per favore...”
André tremando posò le mani sulle sue, prendendole e abbassandole sul suo petto, sul cuore, così che lei ne sentisse il battito impazzito per l'emozione. Rimasero un momento con gli occhi chiusi, poi li riaprirono e i loro sguardi si incrociarono, mentre i loro visi ancora erano vicini, e i loro respiri interrompevano il silenzio. Poi André alzò le mani prendendole le spalle per attirarla a sè in un abbraccio, avvolgendola col suo calore, mentre posava le sue labbra su quelle di lei, baciandola con passione.
“Ti amo.” Sussurrarono l'uno sulla bocca dell'altro.
Dammi un bacio, due baci, dieci, cento, mille baci. Dammi tutti i baci che non mi hai mai dato, tutti quelli che io ho desiderato; versa questo miele sulle ferite del mio cuore, allontana il dolore con le tue carezze, fammi respirare i tuoi sospiri... Oscar... ho aspettato che fossi tu a posare le tue labbra sulle mie, volevo essere sicuro che lo volessi davvero, volevo essere sicuro di non sognare... perché questo non è un sogno vero? Siamo davvero qui, su questo divano, con le labbra unite, febbricitanti d'amore, e ci abbracciamo con una passione che non riusciamo più a trattenere... accarezzami ancora i capelli, baciami ancora, Oscar, perché io ti bacerò sempre, sempre... Oscar sei vera, sei proprio tu... Oscar...
André si staccò un attimo da quel gorgo di baci: “Oscar?” le sussurrò... “Ma sei davvero sobria?”
Lei lo guardò contrariata: “André ma cosa dici? Certo che sono sobria! Ma ti pare una cosa da dire adesso, in questo momento? Non è per niente romantico!”
Lui accusò il colpo. Però doveva essere sicuro. “Provami che ti è passata la sbronza.”
Lei sorrise maliziosa: “Guarda che non avevo bevuto poi così tanto... caro il mio santo, come dice Alain... e ora sono così sobria che ogni bacio va a segno...” E prese a tempestargli la bocca di baci.
Mi arrendo. Sei sobria. E le tue labbra sono morbide e dolci.
Non poteva credere di aver fatto una cosa così audace, lei, il severo comandante.
Aveva ubriacato André di baci, e poi, alzandosi, gli aveva preso la mano, conducendolo nella sua camera. Lo specchio le rimandò l'immagine del loro abbraccio, prima di crollare sul letto.
Ben presto sospiri e gemiti riempirono l'aria.
Improvvisamente il suono dell'adunata riecheggiò nella camera.
“No! Non adesso!”
Forse quella sera avrebbero avuto una seconda possibilità.
~ THE END ~
Notes:
[5] Giuseppe Ungaretti:
“Soldati”
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
[6] Tristano era il nipote di re Mark di Cornovaglia, che l'aveva mandato in Irlanda a cercare la principessa Isotta, che il re voleva sposare. Accidentalmente Tristano ed Isotta bevono un filtro d'amore, e poi diventano amanti. Scappano ma vengono ritrovati in una foresta, a letto insieme. Poiché il re Mark vede che stanno dormendo insieme vestiti e con la spada fra di loro, che egli prende per simbolo di castità, gli risparmia la vita.
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